martedì 30 novembre 2010

Struggenti su pvc


Un amico che vive all'estero, mi ha chiesto cosa pensassi di “Vieni via con me”.
Un amico lo riconosci perché s'interessa a cosa pensi, un amico che vive all'estero lo riconosci perché s'interessa a cosa pensi di quello che accade lontano da lui.
Nella breve conversazione che abbiamo avuto, ho detto poco e male.
Però poi ci ho pensato e ora so cosa dirgli.
“Vieni via con me” ha avuto, in alcuni momenti, una caratteristica speciale: mi ha commossa.
Non solo per l'ottimo arrangiamento della canzone di Paolo Conte, non tanto per l'incantevole immagine delle aste di vecchi microfoni che scivolano sul pavimento e neanche per la bella idea degli elenchi. “Vieni via con me” è la prima cosa, che da tanto tempo a questa parte, si occupa del mondo in cui viviamo noi.
Parlavano proprio di noi, di quello che ci succede, intorno e dentro.
Noi, noi che di noi non si può parlare, perché i maestri più benevoli ci ritengono inopportuni e gli altri pensano che ci possiamo esprimere solo in presenza di qualcuno che ci dia torto.
Noi che c'abbiamo delle opinioni che ci fanno sentire soli, lì non lo eravamo più.
Perché quello era un collage di solitudini su pvc.
Quindi ci siamo commossi e lo abbiamo ritenuto un privilegio in questi tempi in cui si ride di tutto, anche di anziani uomini di potere che hanno rapporti equivoci con delle ragazzine.
E si capiva dal titolo che parlavano di noi e da quel gioco sull'andare e sul restare, che è la cosa che ci riguarda di più al mondo.
La nostalgia dell'emigrare e il dolore dello stare qua. Proprio qua.
Guardatevi il finale, ma prima preparate i fazzoletti.

"Mario" di Enzo Iannacci

"...Mario, dicevi adesso io vado via
forse per l'ultima volta
dicevi adesso io vado, io vado
a dissolvermi in cometa,
quanto basta per non sentire più
il ritmo strano della vita
Mario, io faccio il cantante
e grido, e canto solo idee, ma chi l'ha detto
che è giusto o sbagliato tagliarsi un colpo qui sulla testa
lascia fare alla vita la sua vecchia fatica,
siamo feriti quanto basta.
Mario, non ti resta che ascoltare
l'eco che hanno messo nel finale."

giovedì 25 novembre 2010

Una vita abbastanza difficile

Almeno uno dei pericolosi sovversivi che ieri hanno occupato l'aeroporto di Pisa, si era svegliato verso le undici, aveva bevuto il caffellatte, si era impomatato i capelli e uscendo, diceva alla mamma che forse non sarebbe tornato per pranzo.
Le rivoluzioni contemporanee mettono di buon umore.
Si fanno con calma e a stomaco pieno.

mercoledì 24 novembre 2010

I Ching: 24 Scavare una buca


Faticoso il tempo in cui si scavano le buche.
Saggio l'uomo con i calli sulle mani: conosce il peso della terra, il momento dell'inizio e il momento della fine.
Tempo d'imparare a piegarsi sotto il cielo, senza spezzarsi.
Tempo di rimettere le cose al loro posto.


A margine della chiosa il Maestro annota poi: Se la casa è sventrata, la stagione invernale, il tempo pomeridiano, la corporatura normale; la persona assennata evita di piantare in solitudine il Grande Glicine.
Anche perché poi diventa buio.




Scavare una buca restituisce il senso delle cose, senza nessuna voglia di metafore.

martedì 23 novembre 2010

Fa bene

Questo è da leggere piano, ad alta voce.

Da qualche parte



Ricominciare da Guzzanti non mi sembra male.
Come se fosse un foglio appuntato su una bacheca di compensato sopra una scrivania.
Il foglio che si vede.
Più in basso, sulla destra, magari sotto qualche numero di telefono, ci sarebbe Renzo Piano, perché mi ha fatto piangere.