C'è una mostra.
In un angolo della mostra c'è un tavolo.
Sul tavolo c'è un libro.
Il libro è aperto.
Qualche capoverso è sottolineato a matita.
Sono alcune considerazioni del sociologo de Singly.
Si legge:
"Le teorizzazioni sulle identità odierne farebbero meglio ad abbandonare le metafore delle radici e dello sradicamento (...) sostituendole con i tropi del gettare e issare ancore. (...)
In effetti, issare un'ancora, a differenza di radicarsi e sradicarsi, non ha niente di irrevocabile o di definitivo. Le radici quando vengono divelte dalla terra in cui sono cresciute, generalmente si seccano, uccidendo la pianta che nutrivano, il cui rifiorire avrebbe quindi un che di miracoloso; al contrario le ancore vengono issate solo per essere gettate di nuovo e altrettanto facilmente in molti porti diversi."
Altrettanto facilmente, dice.
In effetti, issare un'ancora, a differenza di radicarsi e sradicarsi, non ha niente di irrevocabile o di definitivo. Le radici quando vengono divelte dalla terra in cui sono cresciute, generalmente si seccano, uccidendo la pianta che nutrivano, il cui rifiorire avrebbe quindi un che di miracoloso; al contrario le ancore vengono issate solo per essere gettate di nuovo e altrettanto facilmente in molti porti diversi."
Altrettanto facilmente, dice.
L'opera è di Isabella Mara.
2 commenti:
levarsela, l'ancora, dai pantaloni?
Ieri sera con un festeggiato discutevamo sul titolo del post.
L'idea dell'ancora contrapposta alle radici mi piace molto, però... anche se il facilmente mi sembra un po' eccessivo.
"E poi il capitano, se vuole, si leva l'ancora dai pantaloni
e la getta nelle onde (...)"
I muscoli del capitano
F. De Gregori
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